Viaggio in Italia – Verso il Convegno GT di Riccione
Viaggiare nel nostro bel paese, nella giornata nera dello sciopero generale dei trasporti, è un’avventura che raccomando ai più audaci.
Fortunatamente il sottoscritto è rotto ad ogni evenienza… pertanto questo post non racconta la tipica Odissea del viaggiatore Trenitalia, perchè sarebbe troppo noioso e scontato.
Voglio invece raccontarla per come l’ho vissuta io, amante dei treni e innamorato dell’Italia nelle sue più tipiche e saporite contraddizioni.
La mia partenza da Roma Termini, ad esempio, dettava nella sua gioiosa e alfine salvifica attesa le premesse di un’avventura tutta da assaporare.
Sono arrivato in stazione nella tarda mattinata, facendo a meno della metropolitana, anch’essa in sciopero totale e quindi del tutto inservibile.
Ho visto sfilare i miei treni verso la soppressione, in onore del diritto di sciopero. Ci mancherebbe!
L’attesa è divenuta subito pausa di riflessione; ne ho approfittato per un tipico pasto ‘romano’.
Un bel kebab poco fuori piazza dei Cinquecento, che fosse in grado di piazzarsi in mezzo allo stomaco per tutto il resto della giornata, risolvendo ‘per sempre’ il problema di qualsivoglia eventuale languore.
Un kebab in zona Termini può farti passare la fame per giorni, talvolta settimane.
Per non trattare male l’intestino ho innaffiato il tutto con un ottimo cappuccino all’italiana, pieno di schiuma e ben zuccherato.
Insomma, tra una sigaretta e l’altra, la mia attesa per il treno dei desideri si è finalmente meritata un convoglio valido, ovvero un treno in partenza nonostante lo sciopero di ventiquattro ore.
Direzione Ancona, tanta gente che si accalca sul binario 3, tutta quella che aveva perso i treni della mattina, soppressi causa sciopero.
Gli abbigliamenti, le attitudini e le abitudini degli italiani in stazione valgono da sole il prezzo del biglietto.
Fumatori incalliti che consumano le ultime sigarette prima della partenza, famigliole (pochissime) con prole e quintali di bagagli, militari in congedo.
Qualche signorina ben vestita, qualche tizio male in arnese che parte per chissà dove e per chissà quale recondito scopo.
That’s me!
😀
La mia tenuta da viaggio è volutamente anonima, anche se lievemente più elegante rispetto ai viaggi dell’adolescenza, quando bastava avere una maglietta addosso e il cuore pieno di speranze.
Alla mia veneranda età, che supera appena e malvolentieri i trent’anni, occorre concedersi la parvenza di un bagaglio.
Quindi ho portato nel mio solito zaino (quello è lo stesso di sempre, cascasse il cielo) un ricambio in vestiti e questo cucciolo di netbook da cui scrivo questo post di viaggio, nella migliore tradizione dei blogger di grido.
Il treno è un InterCity che somiglia in tutto e per tutto ad un treno regionale prossimo alla rottamazione, con tanta gente che non trova posto nemmeno sugli strapuntini del corridoio.
E le tipiche traversate della speranza, alla ricerca di un posto libero in qualche scompartimento: con buona pace degli astanti arroccati nell’angusto corridoietto del treno, che avendo rinunciato alla ricerca hanno deciso di piazzarsi nel bel mezzo del cammino dei puri di cuore, che invece non demordono e un posto a sedere se lo vogliono proprio trovare, prima di arrivare a destinazione.
Una partenza tipica italiana, quindi, con bagagli che strusciano in ogni dove e con qualcuno che rimane, immancabilmente, in piedi, in attesa di tempi migliori.
Fino ad Orte, devo ammetterlo, ho sonnecchiato. Non proprio dormito, quello sarebbe stato veramente difficile.
Un dormiveglia leggero per appagare il corpo che aveva tanto atteso e tanto bramato un posto a sedere, ottimamente ricavato grazie al fatto che – viaggiando solo – un posto libero sono riuscito a trovarlo, senza troppi traumi o spargimenti di sangue.
Tra Orte e Spoleto il treno ha iniziato ad essere vivibile, quindi eccomi qui che mi metto a scrivere il mio post di viaggio, seduto quasi comodo e con qualche centinaio di chilometri alle mie spalle.
Il sole è tramontato presto su una giornata grigia che non ha concesso luci particolarmente allegre, prima di cedere alla tenebra.
Le campagne invernali visibili dal finestrino dettavano un paesaggio umido, non precisamente laziale e non ancora umbro.
Ora che siamo dalle parti di Foligno il nero ha risuccchiato ogni paesaggio, il treno si è parzialmente sgonfiato e persino i miei dirimpettai di scompartimento, bontà loro, si sono abbandonati ad un sottile e rilassante ronzio.
Dormono, madre e figlia, brune, in viaggio verso il futuro.
Cambio e coincidenza
Non arrivo a capolinea, non stavolta. Mi fermo una fermata prima, a Falconara Marittima.
Detta così sembra una scommessa persa, anche perchè lo sciopero nazionale non mi concede sicurezza sulla coincidenza di treni diretti verso nord.
Eppure Falconara è a solo un’ora di treno da Riccione, e ci sono ben tre regionali che potrebbero darmi il passaggio finale che mi manca per raggiungere l’albergo, prenotato non distante dalla stazione ma comunque sul lungomare.
Ma oggi i regionali non lavorano, o lo fanno a singhiozzo. L’unico treno certo, parola quanto mai abusata, è un EuroStar serale che potrebbe portarmi – magicamente – da Falconara a Rimini.
E da Rimini è fatta; anche se fosse in bicicletta un modo per raggiungere il lungomare di Riccione dovrei trovarlo.
Insomma, non credo di riuscire a mollare lo zaino prima del dopocena.
Fortunatamente il kebab romano mi copre tranquillamente fino a notte inoltrata; conto di addentare una piadina solo in tarda serata, giunto a destinazione.
Ma intanto il mio treno attraversa il buio fitto, lasciando alla fantasia solo il suono incessante e ripetitivo delle rotaie che ci corrono sotto, tra scambi arruginiti e vento che fischia sulla lamiera.
Il tipico ‘ciuf ciuf’ che si legge sui libri per l’infanzia, e che è piuttosto una nenia complessa e stratificata, che sicuramente tutti avete assaporato almeno una volta nella vita.
Verso Riccione
Alla faccia dello sciopero e delle incognite con cui ero partito dalla Stazione Termini di Roma, il cambio di treno a Falconara Marittima è stato rapido, puntuale e ‘pulito’.
Nel senso che non ho fatto in tempo a scendere dall’Intercity, materialmente, e subito l’interfono della stazione annunciava il regionale Ancona-Piacenza, con la provvidenziale fermata a Riccione.
Ottimo. Il Regionale Veloce (RV) che costeggia l’Adriatico sfila rapidamente verso nord, non ci sono scompartimenti vecchio stile ma un unico corridoio con tre file di sedili moderni, comodi, morbidi.
Fra poco meno di un’ora la mia fermata; e da lì ce la fileremo dritti dritti in albergo, Seo Guru, lo zaino da giovincello e il pesante kebab caricato a Roma.
Il VI Convegno GT
Il senso profondo del viaggio non è spostarsi da un punto di partenza verso una destinazione, quale che sia.
Il senso del viaggio è viaggiare di per sè, porre la propria aspettativa sempre un metrò più in là del nostro mento e proseguire fino a che si può, fin dove si vuole.
Ma in questo secolo si viaggia anche con qualche scopo più preciso, con una meta meno aleatoria e una destinazione prevista ed anzi, da mettere in preventivo assolutamente.
Il sottoscritto ha viaggiato verso Riccione per partecipare domani e domenica al VI Convegno nazionale del forum GT, incontro previsto appunto al PalaRiccione a partire da sabato 17.
Una bella occasione per rivedere alcuni amici, in primo luogo.
Una possibilità di conoscere alcune facce nuove, contatti online che potranno finalmente avere un volto vero nella memoria, invece del solito avatar o della solita fotina spixellata.
Ma anche uno straordinario evento di formazione professionale, dove avrò occasione di ascoltare dalle vive parole dei relatori come si muove e di cosa parla la SEO italiana del 2012.
Interessante direi, no?
Se solo date uno sguardo alla platea di interventi in cantiere potete immaginare che ci saranno senza dubbio molti spunti di riflessione su cui tornare, per approfondimenti meno personali e più ‘tecnici’.
Quindi un post ‘tecnico’ sulle relazioni ascoltate al Convegno GT, va decisamente messo in conto.
Per il momento invece lascio in balia del server questo post stralunato e soggettivo, scritto per non annoiarmi troppo durante il mio ‘breve’ ma travagliato viaggio.
E lasciare sul blog, invece, la traccia in penombra di un’Italia vista dal finestrino di un treno.