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Blogging polemico e strategie di marketing

Chiariamo subito un punto che potrebbe facilmente portare a fraintendimenti e sollevare dubbi.

Il diritto alla critica e la libertà d’espressione sono due nodi fondamentali della discussione tra le persone, dal vivo quanto online.
In questo senso mi sembra importante ribadire questo concetto in apertura di post, proprio perchè voglio fugare ogni genere di misunderstanding.
Ma non voglio parlare di diritti inalienabili o di libertà dell’individuo, voglio semplicemente discutere di una questione che riguarda uno stile di blogging che non consiglio e non condivido.

Chiunque – per fortuna – può aprirsi un blog e scrivere più o meno quello che preferisce.
Con lo stesso diritto di chiunque altro, ciascuno può rendere pubbliche le proprie opinioni, qualsiasi esse siano.
Siamo liberi di dire la nostra, e questo vale a prescindere; tanto quando il parere è qualificato e competente tanto quando invece stiamo semplicemente scrivendo ciò che ci passa per la mente, senza filtrarlo con la dovuta cognizione di causa.

Il web è ANCHE un immenso proscenio di infinite discussioni su qualsiasi argomento, è ANCHE un luogo di creazione di un ‘senso’ collettivo più o meno condiviso.
E’, insomma, un’arena d’espressione dove i singoli si incontrano nella creazione di una ‘pubblica opinione’ più o meno larga, più o meno segmentata.
La sociologia studia da decenni l’interazione pubblica; e la psicologia sociale può essere un utile corollario scientifico attraverso cui leggere, anche online, azioni, reazioni e comportamenti degli individui che si rapportano tra loro.

Il flame NON è uno stile di marketing

Alcune persone scelgono più o meno consapevolmente di bisticciare con il prossimo; chiunque abbia anche una vaga esperienza di web avrà visto almeno una volta l’innescarsi di un flame.
Per carità, la gente litiga anche offline; ed anche con una certa convinzione e frequenza.

🙂

Ma proprio per una serie di meccanismi intrinseci al media, internet ha dato vita a comportamenti conflittuali specifici che hanno investito i tradizionali conflitti interpersonali per forgiare nuove forme della polemica pubblica, sià essa legittima e sostanzialmente ‘spontanea’, sia essa artefatta e fraudolenta.

Non solo troll

Nella neo lingua digitale esiste un intero vocabolario che si occupa di descrivere e ipostatizzare le varie tipologie sociali e i vari comportamenti ad esse associati.

Quindi su internet una ‘fiammata‘ è una provocazione, l’inizio di una probabile polemica.
Un ‘flame‘ è un conflitto tra due o più persone, insomma.
Nulla di strano, può capitare.
Flame possono accendersi spontaneamente nei commenti di un blog, nelle discussioni che si fanno sui forum o sui social.
Basta poco, molto spesso. Un’incomprensione, una divergenza sostanziale nelle opinioni; mescolati alla distanza fisica che il mezzo impone e alla scarsa cortesia generale, ecco che queste circostanze possono degenerare in un vero e proprio litigio.

Intendiamoci: solo perchè digitale questo diverbio non necessariamente è meno spiacevole di quelli che possiamo goderci tutti i giorni anche offline, purtroppo.

L’acredine non è certo un’esclusiva dei rapporti face-to-face, insomma.
Ma proprio per questo occorre sgombrare il campo anche da questi ‘normali’ episodi per arrivare al nodo dell’articolo che avevo in mente.
Non c’è nulla di male se entriamo in polemica con un altro individuo, dipenda o meno da noi o piuttosto dall’interlocutore.
Divergenze intellettuali e idiosincrasie emotive generano spesso conflitti, anche molto accesi: nessun individuo adulto dovrebbe stupirsi più di tanto.

E’ invece sorprendente come internet sia stato in grado di dare un nome specifico ad un fenomeno che prescinde la naturale tendenza degli individui a litigare su qualsiasi cosa.
Il troll è l’individuo che innesca programmaticamente dei flame per guadagnare visibilità pubblica all’interno di un determinato contesto digitale.
Discussioni nei blog, nei forum, sui social.

Nell’accezione comune il troll è un utente la cui identità è solo parzialmente pubblica: perchè si cela dietro ad un nickname, tanto per cominciare.
Le motivazioni psico-sociali di un troll non hanno nulla a che vedere con il marketing: la visibilità che l’individuo vuole raggiungere all’interno del contesto di riferimento serve all’ego del troll, nella maggior parte dei casi.

Il trolling ha naturalmente un’accezione negativa.
Procedere iterativamente all’innesco di polemiche pubbliche con lo scopo di accrescere la propria visibilità.
In forma translata – e spesso camuffata da imbelletti intellettualistici – il trolling ispira, più o meno direttamente, quello stile di blogging che voleva essere oggetto di questa breve riflessione.

La polemica come stile di blogging

Prima avevo accennato a scienze come la sociologia e la psicologia sociale per avvicinarmi alle discussioni e agli studi esistenti sulle interazioni collettive e sui conflitti interindividuali.

Ma se dovessimo intendere il blogging come pura attività editoriale non possiamo fare a meno di pensare ad un altro accostamento abbastanza ‘facile’.
Anche accantonando le scienze umane possiamo semplicemente guardare al giornalismo offline per comprendere come l’arte della polemica sia pane quotidiano nell’industria dell’informazione.

Il ‘polemista’ non è un critico, sia chiaro. Anche qui vigono ferree leggi non-scritte e compartimentazioni; non di meno non mancano nè mancheranno in Italia dei giornalisti disposti a fare della polemica gratuita la loro raison d’etre.
Anche online ci sono alcuni che ritengono fruttoso applicarsi in uno stile volutamente polemico con lo scopo di ottenere una fetta di visibilità maggiore.

Sbagliando, secondo il modesto parere del sottoscritto. Esattamente come per i giornalisti sbraitanti nei salotti tv, la rappresentazione pubblica di un conflitto legittimo a lungo andare cede il passo ai contorni molto meno nobili del trolling.
Il rischio diventa quello di diventare il ‘rompicoglioni’ che apre bocca solo per litigare, come unico mezzo per trovare argomenti capaci di alimentare il suo scarso ego o il suo scarso giro di affari-contatti-traffico.

Siamo tutti dei moralisti e dei moralizzatori, per carità, ed è più che normale avere più motivazioni nello scrivere quando si tratta di difendere una nostra opinione o schierarsi contro un’idea che si ritiene deleteria.
Lo diceva anche Brecht che tra il nazismo e “l’entusiasmo per il melo in fiore” la prima motivazione lo costringeva a scrivere, perchè comunque più forte della seconda.

Non di meno non ho particolari dubbi in materia, almeno per quello che attiene la presenza online che preferisco e che consiglio.

Nessuno è amico di tutti

Di sicuro non volevo fare apologia del buonismo: intervenire in forma dissonante nelle discussioni, dare il proprio parere soggettivo, segnalare i difetti del prossimo… tutto questo fa parte dell’insieme di attività che naturalmente tutti svolgiamo nel momento in cui interveniamo in un contesto pubblico.

Il rispetto per il prossimo e per le sue opinioni è invece abbastanza raro.
La buona educazione è quasi un tartufo bianco e anche la semplice cortesia sembra destinata ad affiorare con ritmi decisamente carsici, quanto quelli delle glaciazioni terrestri.

E invece non c’è marketing migliore che quello di trattare le persone con dignità e rispetto, chiunque esse siano.
Non c’è miglior ‘trucco’ che quello di ricordarsi – almeno ogni tanto – di essere gentili con qualcuno.

Attutire la vis polemica come prassi può essere un modo per comprendere meglio le idee e le opinioni che non condividiamo, dandoci modo di recuperare quelal lucidità che sola può permetterci – al limite – di utilizzare anche quelle idee e quelle opinioni a nostro vantaggio, che abbiano un fondamento o meno.
Quando invece lasciare pieno campo all’emotività di un litigio molto raramente porta a dei frutti concreti in termini dialettici – ma lascia sempre strascichi emotivi, senza dubbio.

Mentre invece un gesto gentile è un investimento, un pegno messo in banca. Considerando la legge della domanda e dell’offerta la cortesia sarà facile capire quanto sia preziosa la cortesia al giorno d’oggi, particolarmente online.
Eppure quasi nessuno si prodiga ad adottare un ‘trucco’ di marketing tanto banale quanto antico: anche solo per non avvelenarsi il sangue possiamo sforzarci di essere più gentili con coloro che incontriamo online, nella speranza che il prossimo sia altrettanto cortese nei nostri confronti.

E d’altra parte che rappresentazione preferiamo disegnare per la nostra presenza pubblica?

Personalmente preferisco fare qualche sforzo per sottrarmi ai flame, tento di guardare alle critiche con indulgenza e alle opinioni che non condivido con curiosità.
Mi piace pensare che la distanza fisica che il media internet impone possa essere una risorsa per essere e comportarsi meglio di quanto riusciamo a fare offline, e non il contrario.
Perchè anche le incazzature peggiori possono essere filtrate e smussate proprio grazie alla distanza e al non-contatto; perchè proprio online abbiano tutti o quasi gli stessi strumenti a disposizione per esprimere la nostra opinione, quindi i pareri contrastanti valgono esattamente quanto quelli favorevoli.

Da qualche tempo ho capito che anche con il massimo degli sforzi, non si può comunque pensare di essere simpatici a tutti.

Pazienza.

Amici o nemici che siano, l’estintore più grosso e potente che ho lo punto sempre contro me stesso, perchè sono il primo che si inkazza per un nonnulla, pur rendendomi conto di quanto sia sbagliato questo tipo di atteggiamento.
Mio malgrado provo ad essere indulgente nei confronti del prossimo e cortese nei confronti dello sconosciuto: probabilmente non ci riesco in tutte le occasioni, ma i tentativi che faccio sono in questa direzione.

Si tratta di una ‘strategia di marketing’ moooooooolto più convincente sul lungo periodo, rispetto a quella dei troll o dei blogger iperpolemici.

Sbaglio?

 

Discussione

  •     LeNny   -  

    Complimenti per l’articolo. L’ho trovato grandioso e molto educativo; speriamo che certi tipi della rete si fermino a leggerlo e riflettere. BRAVO!!!

    Ciao.

  •     Alessandro Politanò   -  

    Sbagli? Direi che hai eseguito un’analisi perfetta di quella che secondo me è una delle piaghe più meschine che alcune persone alimentano nel panorama del web…

    Questo tua riflessione dovrebbe essere esposta sulla bacheca del WWW come promemoria prima di accedere.

    Grazie 😉

  •     simone - Goatseo   -  

    pensa che mesi fa per “difendermi” dagli attacchi di chi parlava male delle mie attività per il gusto di provare a scalare la SERP per le mie stesse keyword stavo pensando di fare un sito apposito, in cui “selezionare e descrivere” le attività di trolling più o meno esplicito. Molte persone sono convinte che basti parlar male della gente e fare un hashtag su twitter per acquistare nuovi follower. e magari è anche così per loro. A me però piace pensare di avere qualità nel seguito di persone che leggono quello che scrivo e mi piace pensare di avere anche persone che non sono daccordo con quello che dico, proprio perchè magari durante qualcuna di queste sterili discussioni sono riuscito a far capire che da parte mia comunque vige il rispetto. Rispettare chi non ci rispetta è una sfida difficile, ma da incredibili frutti… col tempo e con la determinazione. Grazie di questo bellissimo post, c’è anche un quote da incorniciare (che ho messo sul mio twitter). D’altra parte ormai anche Google sta provando ad accorgersi di quando i sentiment sono artificiosamente negativi, figuriamoci se non riesce ad accorgersene la gente (ci sarebbero anche molti casi da citare in cui la gente non si accorge di aver magari votato un politico Troll, ma questo è un altro settore)

  •     Seo Guru   -  

    Bravo Simone, hai citato esattamente il post che avrei voluto linkare nel testo, dal blog di GG.
    Eccolo qui:
    http://googleblog.blogspot.com/2010/12/being-bad-to-your-customers-is-bad-for.html

  •     bblogger   -  

    Quando dici che “non c’è marketing migliore che quello di trattare le persone con dignità e rispetto, chiunque esse siano” sono completamente d’accordo con te, sul web quanto nella vita, credo che l’amore per la provocazione fine a se stessa sia però una risposta a certe frustrazioni personali e sociali che tanto vanno di moda e vendono… forse una risposta ad una richiesta di morbosità sbagliata a priori? non lo so, ma di fatto certi comportamenti stimolano l’intervento, la risposta, il coinvolgimento molto più di quanto non facciano i comportamenti corretti ed equilibrati. Forse dovemmo essere più british nelle nostre relazioni, siano online o della vita reali.

  •     Seo Guru   -  

    Esattamente, un po’ di diplomazia serve davvero a tutti.
    Questo è vero particolarmente per chi fa comunicazione pubblica.

    Grazie di esser passata qui!

  •     massi   -  

    Complimenti ottimo articolo, molto chiaro e di buon senso!

  •     fortunecat   -  

    Un’ottima riflessione. Condivido soprattutto il “non si può essere simpatici a tutti”.

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