SEO Guru

Il concetto di ‘network’ dal punto di vista seo

Intavolare un post su un argomento tanto inflazionato è probabilmente una di quelle cose che andrebbero evitate come la peste.
Anche perchè il concetto di ‘network‘ è particolarmente insidioso, ad onta della sua diffusione trasversale e – direi – universale.
Una selva di significati diversi e complementari affollano il campo concettuale per restituirci una parola quanto meno generica, nell’uso disinvolto che se ne fa solitamente in Rete.

Ecco, proprio dalla semantica occorre ripartire per diradare le nebbie dell’uso comune e restituire all’intelletto la fruibilità di un concetto tanto vasto quanto malleabile come l’idea di ‘network‘.

Nel vocabolario inglese-italiano ‘net‘ sta per ‘rete‘: in entrambi i casi, nei rispettivi dizionari, vengono proposti una serie di significati alternativi che possono aiutarci nel nostro percorso di rieflessione.

Una ‘net‘, una ‘rete‘, è un “attrezzo costituito da un intreccio, a maglie più o meno fitte, di fili di fibre naturali o artificiali, usato per pescare o per catturare uccelli e altre prede.” (Sabatini-Coletti, Dizionario della lingua italiana, via Corriere.it).
Per estensione del concetto la rete è “qualsiasi manufatto a maglie“. Solo come quarto significato viene offerto quello informatico, dove la rete diventa un “insieme di calcolatori collegati tra loro per condividere periferiche e risorse di memoria e calcolo“.
In questo caso, invece, per antonomasia, la ‘Rete‘ è Internet stessa, vale a dire l’insieme di webserver e datacenter che ospitano l’intera galassia di documenti reperibili attraverso un browser web.

In senso figurato una ‘rete‘ è un “insieme di linee reali o ideali che si intersecano formando un intreccio“: ma viene evidenziata anche l’accezione negativa di questa ‘trama‘. Ecco che quindi la ‘rete‘ possiede significati apertamente machiavellici e predatori: è un “tranello“, un ‘inganno‘.

Si torna, anche se in senso figurato, all’idea di manufatto artificiale allestito dall’uomo per ‘catturare‘ prede di diverso genere.

Quest’idea del resto connota ancor più marcatamente l’alter ego letterale di ‘net‘, il sinonimo parimenti diffuso e inflazionato; il ‘web‘, ovvero la ‘ragnatela‘.

Nel processo di generazione dei collegamenti la Rete sembra assai meno artificiale di quanto silicati e plastiche dei pc potrebbero far supporre. La ‘ragnatela‘ incarna perfettamente la natura di perenne divenire di una ‘rete di collegamenti‘ che si espande e si sparge, o si spezza, in un moto incessante e magmatico.

Le ‘rete‘ – ‘net‘ – dei pescatori è assai meno larga e selvaggia della ragnatela – ‘web‘ – intrecciata da un ragno. Secondo me, e come prima impressione.

🙂

Anche nell’apparente anomia degli intrecci quella del ragno sembra calzare meglio come rappresentazione semantica del concetto di Web, o Rete, o come preferite.

Naturalmente la tela del ragno è tutt’altro che anomica, segue delle metriche.. pardon, delle geometrie ben precise.

Ma devo cogliere il pretesto per concludere l’excursus sui lemmi e tornare al concetto.

Il punto è che in entrambi i casi – ragnatela o rete che sia, naturale o artificiale – esiste un sentore predatorio capace di connotare entrambi i concetti fin dal loro esordio.

Teniamo da parte questo assunto, probabilmente proprio l’uso tradizionale del termine ‘network può costituire un viatico per ricollegarsi in seguito a questa idea di ‘tranello‘ che sottende ad alcuni tra i termini più inflazionati della Rete.

In campo televisivo un ‘network‘ è un gruppo editoriale che opera nell’industria dello spettacolo, dell’intrattenimento e dell’informazione, un coagulo di risorse che materialmente produce uno stream televisivo molto spesso diffuso attraverso diversi canali.
Un ‘network‘ editoriale può mantenere e gestire diverse ‘reti‘ televisive (torna il concetto di “artefatto a maglie atto a catturare le prede“…).

Nel campo dell’industria dello spettacolo, e se vogliamo generalizzare nell’intera galassia dell’industria dei beni immateriali, catturare l’attenzione del pubblico è l’elemento semplicemente indispensabile per la sopravvivenza.
Si raccolgono fette di audience, si cattura l’attenzione degli spettatori: in definitiva l’idea stessa dell’intrattenimento implica l’idea di una vaga speranza di libertà, temporaneamente messa a tacere da un diversivo ‘impedente’ capace di distrarre la nostra mente da altre e più nobili occupazioni.

Uno spettacolo ci intrattiene, ci ‘prende‘; è la tela del ragno che torna, con quell’idea dell’intreccio che avvince ma – inesorabilmente – intrappola.

Allora è legittimo chiedersi cosa significa ‘network‘ per chi si occupa di internet marketing e di seo, dal momento da da diverse righe non faccico altro che passare dai pescatori ai ragni, dalla televisione ad una dubbia esegesi del significato di ‘intrattenimento‘.

Tutti discorsi che presi singolarmente potrebbero far dubitare della mia integrità mentale, sia chiaro.

😀

Ma in realtà tra i lettori sicuramente c’è qualcuno che ha capito dove voglio andare a parare, e pertanto salto i preliminari e arrivo al dunque.

Cosa possiamo intendere oggi se parliamo di ‘network‘ e ci troviamo a lavorare nel fantastico mondo del seo-sem-smm?

E’ presto detto.

Le origini della specie – I network di domini keyword-rich

Sarò costretto a farla molto breve, sperando che i lettori siano tolleranti nei confronti del mio tentativo di sintesi a scapito di approfondimenti che per altri versi potrebbero interessare molti.

Il punto è che una delle tesi del presente post è che una delle più sofisticate strategie di posizionamento tra quelle utilizzate ancora oggi per attaccare le keyword più difficili sia diventata veramente dispendiosa, in termini di risorse, tanto da rimettere in discussione il rapporto costi/benefici che pure andrebbe considerato quando si pianifica una campagna di posizionamento.

Tecnicamente parlando un network di domini keyword-rich è un gruppo di domini semanticamente vicini o complementari, tutti con keyword a dominio, allestiti allo scopo di sostenere e rilanciare la punta del network, vale a dire – in soldoni e senza girarci intorno – l’unico vero sito che ci interessava posizionare fin da principio.

La scelta dei domnini, la loro promozione esterna con il link building tradizionale e infine i collegamenti interni che tengono unito il network; tutto questo lavoro per anni è stato tra le attività seo più complesse e più ambite, e l’opportunità di sperimentare la costruzione di un network di domini è senza dubbio uno dei banchi di prova più interessanti tra quelli che si sarebbero potuti consigliare.

Almeno fino a qualche tempo fa.

Ogni seo esibiva – o meglio nascondeva – la sua matrice di link studiata nel dettaglio per sostenere l’ossatura del network: A linka B, B linka C, C linka pinco pallino e tutti insieme – in un modo o nell’altro, linkano e/o ‘spingono’ il sito X, che poi normalmente è l’unico che si vuole rendere visibile nelle principali serp.

Scommetto che ancora moltissimi sarebbero disposti ad accapigliarsi per stabilire quale matrice sia la più remunerativa, se non fosse che nel frattempo i filtri utilizzati da Google per riconoscere le matrici di link da network sono talmente evoluti che l’unica matrice realmente ‘buona’ – cioè apparentemente non artificiale o artificiosa – sarebbe quella che evita totalmente di sembrare semanticamente coerente con le logiche di strutturazione di significato che un netword di domini dovrebbe rispettare.

Vale a dire che oggi solo una matrice realmente anomica potrebbe simulare vera popolarità senza essere riconosciuta come tale; al contario qualsiasi schema di linking precostituito e propagato ad arte rischia di essere prima o poi individuato, specie se questo viene proposto all’interno di un network di domini keyword-rich chiaramente ricollegabili l’un l’altro.

Non pretendo di convincere i fedelissimi delle matrici di link o dei network di mini-siti: quello che si vuole far passare è che oggi allestire seriamente un network di domini a fini seo è un’operazione assai più dispendiosa che in passato, e al di là delle interpretazioni ‘scolastiche’ andrebbe sempre valutato l’effettivo rapporto costi/benefici che tale allestimento potrebbe generare.

Quello che vedo è che ormai anche le agenzie più attrezzate faticano ad allestire network realmente funzionanti, e quando riescono è sempre attraverso un cospicuo investimento in termini di risorse umane, di tempo e di denaro, in definitiva.

Ritengo pertanto legittima la mia provocazione ai colleghi più tradizionalisti: e se non fosse diventata ora di investire tutte le risorse buone sul vero sito in fase di lancio, risparmiando tante inutili pagine web e tanti orridi domini?

E non c’è un filo di retorica moralista in questa mia proposta, che anzi è dettata da motivazioni totalmente ecologiche/economiche.

Siamo proprio sicuri che i network o i mini-network di domini keyword-rich siano ancora redditizi dal punto di vista seo?

In che scala quest’economia può ancora avere un senso e fino a che punto è realmente sostenibile, anche sotto il profilo dei rischi che ci si assume quando l’algoritmo cambia e intere galassie di domini vengono penalizzate, dall’oggi al domani?

Eppure anche utilizzando monetizzazioni secondarie, come ad esempio i banner pubblicitari sul network di sostegno, ho i miei dubbi che si possa dichiarare in buona fede che queste iniziative siano realmente a buon mercato, sul piano delle risorse investite.

E’ vero che molto spesso i contenuti generati per allestire un network di sostegno possono non essere dei migliori, e potrebbero non trovare spazio sul vero sito ‘in produzione’.

Ma allora poi non dobbiamo stupirci se si parla di lotta alle content farm, e se fra queste ci vanno a finire anche i ‘network‘ di domini allestiti in modo raffazzonato solo per sfruttare questo e quel nome a dominio.

Il discorso secondo me è un altro: ogni dominio deve ospitare un sito indipendente, e ogni sito deve essere animato da uno straccio di progetto editoriale.

Mettersi a giocare con 100 domini e una ventina di testi rubati a Wikipedia, e magari rimasticati in fretta, non vi aiuterà molto nel piazzare il vostro super-mega-iper progetto.

Lasciate perdere i network di domini dei seo old school e dedicatevi alla promozione del vostro super-mega-iper progetto.

Insomma, credo che la ‘rete‘ che si può allestire attraverso network di domini creati ai soli fini seo sia sempre più fragile e dispensiosa, anche se senza dubbio l’arte di fare network che riposa dietro questa operazione seo rimane una conoscenza preziosissima, in termini di know how.
Voglio dire che non ne vale più molto la pena, in molti casi, ma devo anche ribadire che saper allestire un network di domini rimane un esercizio molto utile per chiunque abbia voglia di cimentarsi con gli algo di Google.

Semplicemente ritengo che quel capitale di esperienza possa essere speso in modi più fantasiosi e meno artificiali; ma ovviamente sappiamo tutti come il nome a dominio sia ancora parte integrante dei fattori che sono in grado di influire sulla tematizzazione di un documento o di un insieme di documenti.

Pertanto l’arte di ‘tessere i fili della ragnatela‘ rimane tale, dal mio punto di vista, e cioè qualcosa che attraversa la tecnica e la scienza, per diventare arte, appunto.

Ma la corsa ad accaparrarsi domini keyword-rich perde di significato, se non è supportata da risorse editoriali veraci e concrete.

Anche perchè è sempre più difficile combattere le Potemkin del web con dei soldatini di latta (i minisiti dei mininetwork).

Ma vi voglio bene anche se non siete della mia stessa opinione eh!!!

🙂

Dal blogging diffuso ai network editoriali

Tanto per avvicinarci a qualcosa di relativamente più recente possiamo dire che esiste naturalmente, nell’uso comune, un’accezione del tutto diversa del concetto di ‘network di domini‘.

Si tratta di ‘creature’ che non vengono partorite nelle cucine dei seo più alchemici, ma di veri e propri gruppi editoriali che hanno trovato sul web un buon mercato per la propria produzione, e che pertanto utilizzano anche tecniche seo e domini vantaggiosi (in certi casi, perchè no), ma sono in ogni caso animati da esperienze produttive e aspettative del tutto diverse dai ‘network seo‘ descritti poco sopra.

Torniamo all’uso che si faceva del termine nell’industria televisiva: il network editoriale è in primo luogo un coacervo di risorse che rendono possibile l’intrattenimento o l’informazione per un largo numero di fruitori, e l’unico interesse commerciale che tiene in piedi il tutto è – più o meno – la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie.

E’ bene dire che si tratta di economie di scala piuttosto mastodontiche: tutti quelli che vi dicono di aprirvi due o tre blog per diventare ricchi in 5 minuti vi stanno mentendo spudoratamente, se avevate dubbi in materia.

Un network di nanopublishing ripropone certamente la formula dei tanti domini in qualche modo linkati tra loro, ma stavolta quello che rimane in disparte è la natura artificiosa di questo schema.

Semplicemente perchè in questo caso non abbiamo tanti piccoli domini allestiti in favore di uno solo, destinato a competere realmente. Di solito piuttosto i progetti editoriali di nanopublishing sviluppano nel tempo e separatamente i vari progetti, integrandoli nel network solo come ‘firma editoriale‘ di un discorso multicanale instaurato con il pubblico dei lettori.

Non c’è nulla dei ‘tranelli‘ architettati dai seo che fanno network di domini per scopi di ‘mero posizionamento su Google’.

Questo non significa che dietro le strategie seo dei network editoriali non ci siano dei colleghi, anzi è proprio vero il contrario.

Semplicemente lo stile, il taglio e l’utilizzo delle risorse è gestito in maniera differente, votato al pubblico prima che a Google.

E basterebbe questo a marcare la differenza.

Ma non si vuole fare retorica inutile nemmeno in questo caso: di editori che pubblicano fuffa è pieno il web, e non è affatto detto che un network strutturato in tal senso sia immune da penalizzazioni o perdita delle economie di scala – cioè afflosciamento delle metriche.

Ma è senza dubbio un’accezione più matura dell’idea di network online, almeno rispetto alla prima.

Non potevo ometterla, pur nell’economia di questa mia piccola riflessione.

I social network

Anche qui il riferimento è più che mai dovuto, in considerazione della diffusione che l’idea di network ha avuto in epoche recenti grazie alla ‘moda’ dei social media.

La ‘costruzione della ragnatela‘ con l’avvento delle grandi piattaforme pubbliche dei siti UGC (User Generated Content) sembra esser diventata un’arte assai diffusa, nel senso che qualsiasi fruitore di un qualsiasi social network disegna la sua ‘rete‘ nel momento in cui seleziona o sceglie i suoi contatti – e qui alludo a followers, amici o dirimpettai di ogni genere.

Ecco come il ‘networking‘ diventa una vera e propria forma della rappresentazione reciproca, e la ‘costruzione della rete‘ diventa attività di uso comune.

Sempre con l’idea di attrarre, intrattenere e catturare nel nostro circuito massmediale l’attenzione dei nostri contatti, del nostro pubblico.

La rete di contatti è vischiosa e intricata, e decine di seo si stanno riconvertendo al social media marketing per far fronte all’ingente richiesta di ‘arte del tessere collegamenti‘ dettata dai grandi social networks, tanto dispersivi quanto preziosi come fonte alternativa – o se non altro complementare – al traffico generato dalla search tradizionale.

Il networking sui social ha un paio di caratteristiche che innovano il repertorio fin qui menzionato.

In primo luogo la ragnatela che ogni iscritto costruisce all’interno di un social è una rete interna ad un dominio ad altissimo trust, e passa per una profilazione univoca o biunivoca tra i partecipanti, che possono radunarsi o allearsi seguendo diverse motivazioni e diverse strategie (e non tornate a pensare alle matrici, birbantelli!!).

Oltre alla costruzione del network di contatti abbiamo però l’idea di condivisione dei contenuti: non voglio qui affrontare gli aspetti virali che questa condivisione può assumere, quello che voglio dire è che il network non è più oggetto passivo ma anzi proattivo, e non riposa più su diversi domini ma piuttosto è interno ad un singolo mastodontico dominio ad alto trust.

D’altra parte il lavoro di networking non si limita quasi mai a tessere un’unica rete di contatti interna ad un determinato social media, mentre invece tende a propalare la presenza all’interno di diverse piattaforme contemporaneamente, stabilendo in ogni caso micro o macro reti di contatti di profilazione interne ai singoli siti UGC.

Ma ecco la seconda caratteristica innovativa del social networking, che in parte amplifica la prima a livelli prima inimmaginabili.

I vari social tendono a condividere i contenuti anche fra di loro, importando prevalentemente in automatico lo stream prodotto dallo stesso utente su un’altra piattaforma.

Ora non voglio scendere nei dettagli su come andrebbe affrontata la riaggregazione proposta praticamente da tutti i social networks, Google Plus ultimo arrivato della fila.

E’ un argomento molto complesso. Quello che è chiaro è che il lavoro di social networking non è affatto fuffa, ma anzi è l’evoluzione della specie di una certa arte di stabilire collegamenti, almeno in parte e con tutte le licenze poetiche cui l’esigenza di sintesi mi costringe.

Nel senso che nell’economia di questo post mi accontentavo di accostare anche quest’ultima ‘notissima’ idea del concetto di ‘network‘ ad altre precedenti e disparate suggestioni proposte nei paragrafi precedenti.

La sensazione è che – al di là del marketing relazionale e di tutte le considerazioni che si possono fare sui social media come mezzi di comunicazione di massa – dal punto di vista del networking come arte del tessere una ragnatela di collegamenti, cioè di costruire il web, se si vuole, sarebbe utile tenere in conto dei vari significati del concetto di ‘network‘ per capire al meglio quali sono i rischi ma anche i vantaggi di un lavoro di tal genere.

A mio avviso pertanto la conversione che molti seo stanno facendo verso il social media marketing è più che legittima e fondata, ed anzi trattasi di opera meritoria, in buona parte.

Ma questo è solo un mio punto di vista, naturalmente.

Il network che ci piace, il network che vorremmo

Quanto segue può adattarsi tanto al blogger professionista e indipendente, quanto al seo freelance, quanto piuttosto ad un’agenzia grande e organizzata.

– Compra dei buoni domini, pensando anche al lato seo. Ma poi cura le tue properties, prima o poi dotale di un progetto indipendente.

– Non importa se si tratta di un fotoblog personale o di un magazine di notizie, ogni progetto che costruisci fa parte del tuo lavoro editoriale online, del tuo network.

– Partecipa e scopri i nuovi networks pubblici, possono aiutarti nella costruzione della tua tela. Ma non farlo ‘a caso’ e non ti rinchiudere in routine inutili, dispendiose in termini di tempo e perfino noiose, a lungo andare.

– Linka liberamente i tuoi progetti o i tuoi profili, non farti spaventare dalle leggende seo. Ma evita di linkare nel footer TUTTE le tue cose, in TUTTI i siti, e scordati anche le nuove barre di navigazioni usate dai blog-network gestiti da editori o micro-editori. Se hai un sito che ti rappresenta particolarmente puoi usarlo come firma editoriale linkandolo nel footer di tutti i siti che vuoi, non c’è problema. Una ‘firma‘ non indica la punta di un network e non verrà mai ritenuta un’operazione di spam, stai tranquillo.

network

Buon network a tutti!!

Discussione

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    bell’articolo, grazie!

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